I Barbini – un’antica famiglia muranese

I Barbini appartengono ad un’antica famiglia di vetrai, presente a Murano sin dalla seconda metà del XVI secolo. Nel 1658, per ordine del Consiglio dei Dieci, viene inscritta nel Libro d’Oro della Magnifica Comunità di Murano, conosciuto come il libro della nobiltà vetraria dell’isola.

Nel corso dei secoli i suoi componenti operarono sia nella vita politica che nei vari settori della produzione di vetro artistico, come nella realizzazione di lampadari, nella produzione di perle, tipo Conterie, e oggettistica varia, specializzandosi, in particolare, nella fabbricazione di specchi veneziani, contribuendo in tal modo nel dare lustro e qualità alla produzione artigianale isolana e alla Serenissima Repubblica.

Le notizie più remote, per quanto riguarda l’attività di specchieri svolta dalla famiglia Barbini, risalgono al XVII secolo.

Nel 1665 alcuni maestri vetrai vennero segretamente condotti in Francia, alla corte di Luigi XIV, per avviare una produzione locale di specchi veneziani. Tra di essi c’è un tal Gerolamo Barbin, maestro specchiaio, nato a Murano nel 1634, il quale è noto che, oltre ad aver collaborato presso la Manufacture Royale des glaces de miroirs, nel borgo parigino di Saint Antonine, fece parte dell’equipe che realizzò la nota Galleria degli Specchi di Versailles, ammirata ed invidiata da tutta Europa.

Assieme a Gerolamo c’erano anche Marco e Domenego Barbin, suoi fratelli minori, i quali lavoreranno alcuni mesi presso una fabbrica a Nevers, per poi far ritorno a Murano.

Nel XVIII secolo i Barbini erano considerati i migliori specchieri di Murano, dei talentuosi maestri vetrai degni di stima e considerazione (nel 1743 i Barbini che lavoravano il vetro, tra maestri e garzoni, erano ben dieci, tutti maestri di quari, a parte Domenego e Antonio che erano maestri da canna), essi figuravano tra le più importanti famiglie dell’isola.

Nel corso dei secoli i suoi componenti contrassero matrimonio con le più rinomate famiglie di Murano, come i Mestre, i Briatti e i Bigaglia e, come tutte le più eminenti famiglie dell’epoca, anche i Barbini avevano la loro tomba di famiglia (i suoi componenti, infatti, venivano deposti nell’Arca di famiglia che si trovava all’interno della Chiesa di Santa Chiara a Murano, in “fondamenta Daniele Manin”).

Le fughe sempre più frequenti dei maestri vetrai che, attirati da grandi promesse e ingenti somme, si trasferirono presso le grandi corti europee, trafugando, così, in terre straniere, i segreti dell’arte, causarono una notevole diminuzione della produzione vetraria locale e, già verso la fine del seicento, numerosi specchieri veneziani lamentarono notevoli perdite economiche.

La caduta della Repubblica, il proliferare di nuove fabbriche in Europa, nonché l’avanzare delle nuove tecnologie, mise definitivamente in ginocchio la produzione del vetro a Murano. La famiglia Barbini, come altre nell’isola, continuarono a lavorare il vetro in mezzo alle mille difficoltà, preservando i segreti della propria arte e tramandandola nei secoli, da generazione a generazione, fino ai giorni nostri.

Nell’800 i Barbini figuravano tra le più eminenti famiglie dell’isola e se tra il XVII e il XVIII secolo i suoi appartenenti, per la maggior parte, erano maestri di quari e specchi veneziani, nel XIX secolo, invece, si specializzarono nella produzione di smalti e pani in canna e nella fabbricazione di Conterie.

I Barbini, nel corso del XIX secolo, lavorarono come maestri conzadori, fornendo consulenze alle maggiori fabbriche di Murano (tra gli altri  a Pietro Bigaglia, a Benetto Barbaria, ai Ferrari, ai Briati, ai F.lli Bertolini, ai Miotti e ai Rossetto), contribuendo notevolmente nel dare valore e qualità alla produzione di vetro locale, tanto che, dalla seconda metà dell’Ottocento, il tratto di fondamenta che va dal ponte lungo fino al palazzo Da Mula (dove vi abitarono per quasi un secolo) era chiamata “Fondamenta Barbini” (cambiato poi in “Fondamenta Vetrai” il 24 novembre del 1900).

Immagine tratta da “Guida di Murano e delle celebri sue fornaci vetrarie” di Vincenzo Zanetti

Di questo periodo storico è doveroso ricordare, per capacità e creatività, Angelo Barbini, figlio del deputato Andrea detto Lolli e Angela Fassi, nonché nipote di Michelangelo Barbini, che nel 1822 acquistò il meraviglioso palazzo Da Mula.
Angelo, seguendo le orme del padre, fu Consigliere comunale di Murano e abilissimo tecnico conzadore, nonché proprietario di una fabbrica adibita alla produzione delle rinomate Conterie, piccolissime perle di vetro utilizzate per fare ricami, fiori di vetro e torchons, usate anche come moneta di scambio in tempi remoti. 

Dall’unione con Antonia Ongaro, Angelo diede al mondo 10 figli, da allora noti come “I Barbini di palazzo Da Mula“, tre femmine e sette maschi, dei quali, uno divenne parroco presso la Chiesa di San Pietro martire, uno frate missionario e gli altri cinque operarono nel campo del vetro, come maestri di canna, portando così avanti la lunga tradizione vetraria e il buon nome della famiglia.

Tra i fratelli che più si distinsero ricordiamo:

mons. Enrico, figura di spicco della famiglia, come già detto fu parroco presso la Chiesa di S. Pietro Martire, Protonotario Apostolico, Vicario Foraneo e Sovrintendente scolastico  a Murano. Nonostante i moltissimi impegni e ruoli svolti, mons. Enrico operò anche nel campo del vetro.
Nel 1869, infatti, acquistò, da suo padre, parte delle casette e dell’ortaglia retrostante il palazzo Da Mula, dove fece costruire alcuni stabili per la produzione di smalti e canna in vetro.

Andrea, detto Tecia Grela, fu proprietario di diverse fabbriche di Conterie, maestro vetraio presso le Fabbriche Unite e padre nobile della Compagnia teatrale muranese dell’800.

In piedi da dx: Nicolò, Guglielmo, Vincenzo, Pio e Antonia. Seduti da sx: Vittoria, Anna, Sidonia e Ferdinando

In piedi da dx: Nicolò, Guglielmo, Vincenzo, Pio e Antonia. Seduti da sx: Vittoria, Anna, Sidonia e Ferdinando

Giovanni, abile maestro vetraio e deputato dell’isola, eletto nel 1866 assieme al padre, dalla cui unione con Margherita Moratto ebbe quattro figli, Lucia Giovanna, Onorino, Pio e Vincenzo. Quest’ultimo, anch’egli maestro di canna, fu sposo di Anna Fuga, dalla quale ebbe 8 figli: Sidonia, Pio, Guglielmo, Pacifico, Nicolò, Ferdinando, Antonia e Vittoria.

Nel ‘900 saranno proprio i figli di Vincenzo Barbini, in particolare, Nicolò e Guglielmo, a riprendere la lavorazione degli specchi veneziani a Murano, quasi del tutto dimenticata all’inizio del secolo XX, reinterpretando un inestimabile patrimonio di tecniche e segreti, che Nicolò tramanderà, nel tempo, ai figli Vincenzo e Giovanni, i quali continueranno la lunga tradizione di famiglia fino ai giorni nostri.

Con Vincenzo e Giovanni, specializzati nella produzione di specchi veneziani, la famiglia Barbini continua a scrivere la storia del vetro di Murano.

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